mercoledì 3 novembre 2021

Sogni: di una stazione liberty, del compleanno di Nina Moric e della meditazione "Grande e Piccolo Cielo".


Ho deciso di ricominciare a scrivere il blog inaugurando una rubrica che tratta di sogni, dei miei nello specifico. Almeno per ora. 

Non tenterò di interpretarli o di spiegarli. Non seguiranno un ordine cronologico. Semplicemente li racconterò. La mia parte creativa si è rifugiata nell'inconscio ed è lì che lavora alacremente, creando mondi complessi e ricchi di simboli onirici. Buona lettura.

[Sogno]

Cammino tra la folla che mi sballotta qua e là, mi trovo in una stazione dei treni, e come al solito vado di fretta. Ho un appuntamento.
Sono circondata da meravigliose decorazioni liberty, tutto è un trionfo di morbidi movimenti architettonici, dalle colonne all'entrata che si attorcigliano su se stesse decorate da foglie di alloro e rami avvolgenti, alle arcate che sovrastano i binari, riccamente dipinte con immagini bucoliche, donne a piedi nudi che mangiano grappoli d'uva, con vesti leggere che danzano nei boschi.
Le porte dei vari bistrot e negozietti di souvenir che si affacciano in stazione sono in legno color noce chiaro, delicatamente intarsiate e intervallate da vetri colorati che si snodano in sgargianti pavoni o sinuose calle.
Finalmente riconosco una persona, è un uomo basso, pelato, con folti e lunghi baffi un tempo sicuramente biondi, piccoli occhi azzurri e sguardo sereno. Mi aspetta davanti a un binario, e quando arrivo da lui mi saluta con grande affetto, è una persona che conosco da molto tempo, probabilmente dall'infanzia.
Andiamo insieme a prendere sua figlia, nonché mia cara amica, Ada (nel sogno ha le sembianze di una ragazza che conosco da quando ero piccola, ma di cui non ho notizie).
Ada è una persona fragile, soffre di attacchi di panico. Ha gli occhi dello stesso azzurro di quelli del padre, ma sono più grandi, più languidi, con un velo di tristezza.
Il papà scherzando dice che qualche volta vorrebbe tornare a casa e non trovarla lì ad aspettarlo, nella speranza che vada a vivere da sola.
Al che mi permetto di dire che il papà ha ragione, che lei ha una situazione economica più solida della mia, che con qualche accortezza nella gestione può permettersi un affitto senza nessun problema, che può anzi osarlo perché ha messo da parte dei soldi che le danno solidità e che sono una rete di salvataggio, che se l'ho fatto io lo può fare anche lei!
Ma mentre le parliamo, concitati ed eccitati, lei inizia ad avere segni di cedimento. Il discorso per lei è troppo pressante, e si sta avvicinando un attacco, il viso inizia ad assumere un' espressione contrita.
Io e il suo papà cambiamo subito discorso, ed entriamo in uno showroom, per tentare di distrarla.
Piante lussureggianti, mobili etnici, soprammobili dorati: è tutto all'insegna dell'opulenza.
E lui mi insegna come non farsi abbindolare, e mi mostra una pianta che costa troppo (30 euro) rispetto alla durata che avrà una volta portata a casa, ma che è stata posizionata sotto una luce particolare per attrarre gli acquirenti.
Continuiamo la nostra passeggiata e ci dirigiamo verso un caffè, che è anche tabaccheria e fumetteria.
C'è parecchia gente, più del solito e mi accorgo che di fronte al caffè c'è un'altra stanza in cui Nina Moric sta festeggiando il suo compleanno.
Dico ad alta voce che è bellissima, lei ci vede e viene verso di noi per salutarci.
Consegna alla mia amica Ada un foglietto scritto a mano, che riporta le sue (di Ada) spese universitarie (6000 euro), e poi rivolgendosi a me, dice che Ada le ha raccontato che non sono soddisfatta della nuova sistemazione.
Io stupita della domanda le rispondo "Per me è solo questione di tempo, ho bisogno di tempo per adattarmi. Anche se a voi tutti sembra che io sia una persona avventata e che mi butti nelle situazioni a capofitto senza pensarci, in realtà anche io soffro parecchio i cambiamenti. Voi mi vedete sorridere, ma io dentro ho la morte".
Rientriamo nel caffè e Ada e il suo papà iniziano a preparare dei foglietti per partecipare a una riffa.
Scelgono il biglietto numero 31 nominato Rossella.
Mentre io e Ada ci dirigiamo verso la cassa per giocare il numero scelto, entra un ragazzo, alto, occhi azzurri e capello un po' scarmigliato, castano chiaro. Indossa un trench lungo color cammello, ha un viso pulito, l'espressione da bravo ragazzo.
Ha tra le mani un fumetto, che conosco, che può sembrare prettamente scritto per un pubblico femminile, ma il fatto che lui lo stia leggendo mi fa capire che è una persona che va al di là di certe distinzioni, quindi una persona dalla mente aperta e libera. 
Io e il papà di Ada ci scambiamo uno sguardo di intesa: questo ragazzo potrebbe interessarle, e quindi io cerco di farli avvicinare.
Effettivamente i due si notano, e si guardano timidamente. Ma nessuno dei due fa un primo passo per rompere il ghiaccio.
In compenso però mi trovo di fronte all'edicolante, un tipo scuro, dalla fronte molto alta e dal capello unto e incolto, che inizia a fare varie allusioni con modi viscidi, e io infastidita e disgustata, mi allontano.
Torno a sedermi al tavolo, e di fronte a me ho un maxi schermo dove stanno mandando in onda la ricetta del "latte bulgaro", abbastanza complessa, quasi rituale, ricca di tempi di attesa, utilizzo di mestoli e ciotole solo in legno, e recitazione di formule in tedesco, francese e russo. 
La parola che più è ripetuta è RAUS.
Inizia un'altra trasmissione, e questa volta è una meditazione, detta del Grande e Piccolo Cielo.
Insegnano le parole da recitare, come un mantra, e spiegano che quando si recita questa meditazione, si va incontro a un crescendo di sensazioni, dapprima si raggiunge la calma e  la serenità interiori, poi si sviluppa uno strano calore, che parte dallo stomaco, poi dal centro del nostro corpo, dal ventre, e che con piacevolezza lentamente si espande e raggiunge tutte le nostre estremità. Si può raggiungere l'estasi con questa meditazione, un' estasi fisica, un piacere carnale.
Mentre lo schermo continua a ripetere la formula, mi alzo e mi dirigo verso l'uscita e dalle finestre dei palazzi di fronte la stazione odo le persone che la stanno eseguendo, come se mi trovassi in un paese islamico, all'ora della preghiera giornaliera.
Sono circondata dalle loro voci che ripetono le parole all'unisono, non si sente null'altro, il suono diviene pesante, si può quasi toccare.
Tutto sembra immobile, tutto sembra in attesa, e la preghiera si trasforma in un orgasmo collettivo.

Mi sveglio.

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